
Salve, amici!
Abbiamo visto come si può verificare un contatto che potrebbe aver trasmesso il coronavirus ad uno di noi.
Non tutti i contatti però sono uguali.
Contatti superficiali, brevi, in condizioni di sicurezza ed all’aperto rendono difficile la trasmissione immediata del virus mentre non è così quando il contatto fisico si verifica in modo esteso e prolungato, in ambienti stretti e chiusi e senza le necessarie condizioni di protezione e di sicurezza.
Quotidianamente veniamo in contatto con persone potenzialmente affette dal virus e che potrebbero trasmetterlo. Persone anche ignare del proprio stato di portatore.
E’ per questo che bisognerebbe evitare situazioni in grado di permettere al coronavirus di attaccarci quando ignoriamo completamente lo status della persona che abbiamo di fronte.
Ci viene in aiuto la definizione di “contatto stretto” per le persone che possono esporci ad un alto rischio di contagio. Dopo aver avuto un “contatto stretto” anche noi diventiamo un caso probabile o sospetto. E’ come se fossimo “positivi” al test diagnostico specifico fino a prova contraria.
Ma chi è il “contatto stretto” oppure quando possiamo esserlo noi?
“Contatto stretto” viene definito prima di tutto chi vive nella stessa casa di un caso affetto da COVID-19. In alternativa il contatto stretto è una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso COVID-19 partendo dalla comune stretta di mano fino al rapporto sessuale di coppia.
Esiste poi tutta una serie di circostanze in cui si può verificare un contatto diretto con una persona con SarsCov2. E’ il caso di personale addetto alle pulizie, delle persone che frequentano lo stesso ambiente di lavoro o la stessa comunità, è il caso anche di incontri casuali tra persone face to face (distanza minore di 2 metri) per almeno 15 minuti.

Ugualmente se una persona con Covid 19 è stata in un ambiente chiuso come un’aula o una sala d’attesa e senza mascherina idonea ha una probabilità alta di infettare tutti coloro che sono stati in quell’ambiente senza DPI (dispositivi di protezione individuale) idonei.
Esistono poi tante altre condizioni di “contatto stretto”, spesso involontario ma inevitabile, come quelle in cui si vengono a trovare gli operatori sanitari che devono assistere gli ammalati di Covid-19, il personale tecnico addetto ai test diagnostici per Sars Cov2, i viaggiatori in genere.
Sulla base delle circolari e delle ordinanze ministeriali di ottobre 2020, si è stabilito che chi è stato a contatto stretto con un caso di Covid-19 deve osservare un periodo di quarantena con sorveglianza attiva di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso, oppure un periodo di quarantena con sorveglianza attiva di 10 giorni dall’ultimo contatto con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.
Eccovi un esempio molto comune: Paolo esce per un drink con Giovanni, entrambi parlano e ridono scherzando e bevendo senza la mascherina ad una distanza ravvicinata in un bar. Dopo un paio di giorni Giovanni ha la febbre (oppure fa un test rapido sul lavoro) e scopre di essere POSITIVO (cioè nel suo rinofaringe si trova il gene del virus oppure nel suo sangue si trovano gli anticorpi precoci IGM).

Paolo diventa un suo “contatto stretto” si mette subito in “quarantena” ed avrà due possibilità: fare il test (in genere il tampone molecolare naso-faringeo) al decimo giorno dal contatto oppure aspettare 14 giorni senza sintomi e non fare il tampone… Resta in sorveglianza attiva.
Tutto questo sembrerebbe molto semplice ma nella realtà rappresenta solo l’inizio di un vortice in cui senso di responsabilità, educazione, paura, struttura organizzativa territoriale, famiglia, lavoro e fattori di rischio cominciano a mescolarsi per generare la prima scarica fatale che dà origine al “caos”.

Ma di questo parleremo nel prossimo articolo…